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SCHIAVI DI NEW YORK
(SLAVES OF NEW YORK)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 gennaio 1990
 
di James Ivory, con Bernadette Peters, Adam Coleman Howard, Chris Sarandon (Stati Uniti, 1989)
Cosa abbia indotto l'autore di HEATH AND DUST ad imbarcarsi per questa galera rimane un bel mistero.

Raffinato e distante, minuzioso e sensuale, colui che è stato definito il più britannico dei cineasti americani si è da sempre votato ai fasti coloniali dell'impero di Sua Maestà, o alle trasgressioni più o meno velate dell'Inghilterra vittoriana: qui sbarca nella New York più impossibile, quella dei pittori del Village, degli intellettuali da party psichedelici, delle pupe svitate messe in circolazione da Madonna e Paul Mazursky.

Il risultato è sconsolante. Non che sia mal girato, o mal interpretato: Ivory rimane un pittore d'ambiente (non per nulla è nato decoratore) che sa il fatto suo.

Ma tutto è datato, tipato, improbabile. Non nel senso di poco probabile, che non sarebbe poi un gran guaio. Ma per quel genere di sottolineatura stilistica che rende il tutto assolutamente, pateticamente inimportante.

A cominciare dai personaggi. Che dell'epoca non ce ne importi niente, passi. Ma che succeda con loro è già più grave.


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